giovedì 29 luglio 2010

LA NONNA

Oggi mi sono preso mezza giornata libera; un giro in posta, una pennichella dopo pranzo e infine mi son messo a cucinare una marmitta di insalata di riso. In casa Tara non è protagonista ai fornelli quanto lo sono io; ci dividiamo un po' i ruoli: lei predomina nella pulizia, io tra le padelle. Comunque l'insalata di riso non era per nulla un'operazione scontata, dopo l'ultima esperienza. Avevo usato il Parboiled e il preparato Berni, oltre che wurstel, prosciuttino a quadretti e tonno in addizione. Ebbene, è venuto davvero di merda. Sbagliato il sale, sbagliata la cottura del riso, assolutamente inesistente l'amalgama degli ingredienti. Insomma, da retrocessione diretta. Per non sprecare ovviamente ce lo siamo mangiato nei giorni seguenti, non senza disgusto e malavoglia. Ho interpellato quindi mio zio Ilario, che è nel campo della gastronomia, il quale mi ha svelato la sua tecnica: mette in pentola una parte di riso con tre parti d'acqua e fa bollire fino a evaporazione; non usa dunque lo scolapasta e così facendo l'amido non si disperde. Pare abbia funzionato, già già; ora è in frigo, vi saprò dire da stasera se il gusto finalmente è stato degno.
Nel pomeriggio sono passato a trovare mia nonna Anna; era in compagnia di una parente ed era in vena di grandi chiacchiere. Oggi l'arringa della mia tenace nonnina verteva sulle sue fatiche in gioventù, prima della guerra, quando squattrinata totalmente lavorava dalle sei di mattina alle dieci di sera per trenta lire, che puntali finivano ai genitori. Viveva in una zona povera d'Italia, dove la vita nei campi era pressoché obbligata per chi non aveva proprietà o fondi. Già tredicenne sgobbava per gestire mucche e vitellini, oltre che dare una mano nel taglio dell'erba (d'estate) e in cucina alla sera, essendo che i suoi "padroni" avevano una piccola osteria. Niente questioni sindacali, niente ferie retribuite, niente bollini per la pensione. Si sgobbava perché così si doveva fare, punto. Lo raccontava con la sua solita serenità, senza per forza di cose paragonarsi a realtà odierne. Per quanto abbia novantaquattro anni è una donna moderna in un certo senso, che forse tramite i figli e i nipoti ha potuto vivere e capire certi cambiamenti del mondo. Certo se pensi che i suoi racconti parlavano di persone che poi uscivano di scena per andare in Africa, nella folle guerra mussoliniana, fa un certo effetto. Così come fa effetto discorrere con persone che per davvero non avevano niente; nonna Anna, come capitale a trent'anni, aveva due pigiami e due vestiti. Nient'altro. Eppure da lei è nata la mia famiglia, è nato tutto, e dalle scelte prese prima di assestarsi nelle zone in cui ora viviamo (ha girato tre zone d'Italia sempre facendo umili lavori) viene inevitabile pensare a come io, nato in un certo contesto, avrei potuto non esserci del tutto o esserci in un'altra realtà. Ma questioni esistenziali su destino e casualità non sono però materia di questo blog, almeno non nel capitolo Nonna.
Ad ogni modo quando la sento parlare emerge sempre un carattere forte, un orgoglio di razza e una visione esistenziale cristallina. I suoi credo, quello cioè che la vita condotta l'ha portata a seguire, sono: Dio, sacrificio, nessun debito e famiglia. Anche se in realtà quest'ultimo aspetto andrebbe un po' approfondito, visto che la gestione del marito e dei figli non è stata la stessa usata coi nipoti. Ma da quello che vedo attorno a me, mi pare una costante un po' per tutti.
Ora esco, anche se potrei andare avanti un po'. Dopo cena vado da un collega a bere un caffè con Tara; ha cambiato casa e sono estremamente curioso di vedere la sua nuova dimora.
Hasta la proxima.

mercoledì 28 luglio 2010

ECCOCI QUI

Ho 30 anni e sono sposato. Inauguro questo blog dal tavolo Ikea della mia cucina, in questa piacevole serata estiva di fine luglio. Per la precisione è il 28. Niente zanzare a rompermi le palle, nessun problema col caldo, mal di testa lontano 24 ore e a pochi passi da me la mia adorata mogliettina che legge un libro. Io e Tara siamo insieme da pochi anni e da pochi mesi ci siamo per l'appunto sposati. Per ora non aggiungo altro su di me e lei, se non che siamo realmente felici.
Penso ci voglia un tema, un leitmotiv per condurre un blog; il mio sarà incentrato sulla mia vita lavorativa, quella di coppia nei limiti della privacy, oltre che sui viaggi, sui sogni di una vita, sui libri e sul calcio. Quest'ultima categoria stona? Avrò modo di parlare anche di quello in termini giusti, dacché in Italia se ne può fare anche a meno, ma lo trovi sempre e comunque dietro ogni angolo di strada. Il tutto, ossia parlare di ciò che ho riassunto or ora, avrà poi il valore aggiunto di farmi tornare a dar confidenza alla parola scritta, fulgido amore da troppo tempo intermittente in me. Ho avuto fasi in passato dove scrivere era un'occupazione davvero predominante; da un po' di tempo non lo è più, forse un po' di sana nostalgia mi ha condotto qui su blogspot, contagiato da un po' d'amiche che si stanno distinguendo egregiamente su questi lidi.
Parto però dicendo ad alta voce che oggi sono assolutamente scoglionato, sono stanco e pure un po' incazzato con alcuni clienti; apriamo dunque il sipario sulla vita lavorativa.
Gestire i clienti alle volte è una gran rottura e ti porta veramente al logorio, se poi la prendi sul personale, o se ti fidi e scopri che non fidarsi è SEMPRE meglio. Fortuna vuole che ho una percentuale di clientela sana molto alta, ma i pochi che si approfittano delle situazioni sanno essere davvero fastidiosi, oltre che saper succhiarti parecchia energia. La giornata lavorativa odierna a dire il vero non è stata delle più impegnative, ma si è sommata ad altre che invece sono state decisamente più toste.
Mi occupo di vendite, un lavoro commerciale diciamo, che mi porta a relazionarmi per l'appunto con clienti e pagamenti. La mia vita non è solo quello, per carità, ma questa cosa dei pagamenti, cazzo... quella in un certo modo ha deviato il mio modo di pensare, focalizzato le mie rotte di pensiero... rovinato, forse.
Attenzione, non ho la parlantina da arruffapopoli e non mi vesto in doppiopetto, sfoggiando abbronzature caraibiche da gennaio a dicembre, se avete pensato ciò. No, no, immaginate una figura neutra e standard, ecco, vi sarete senz'altro avvicinati al mio aspetto. Sono uno di quelli che ispira fiducia alle persone, una fiducia che vi garantisco è ben riposta. Ciò che però sto imparando sul campo è che l'amicizia nel lavoro esiste solo in rari casi e prenderla nel culo è sempre molto facile, se non si sta attenti. E il sentore, il dubbio, quello che ci assilla prima di fare scelte di cui poi regolarmente ci pentiamo, ecco, lì sta la verità. Se qualcosa puzza anche solo lontanamente, quell'odore lo sentirai fino a nausearti se non ti fidi dell'istinto. Cazzo se è vero.
Facile battezzare un cliente insolvente da coreografiche mise da malavitoso nostrano, difficile è non cedere alla bontà d'animo e credere nella buona fede delle persone. Quando ti mostri molle, perdi. Fai una scelta blanda e poco ragionata, la prendi nel culo. Questo è quanto.
Si potrà dedurre da queste righe che mi sono scottato parecchie volte, no? Beh più o meno diciamo, anche se grazie a Dio ho pochi scheletri nell'armadio in fatto di perdite economiche. Di recente però ci sono un paio di persone che mi stanno facendo alzare le antenne... e la cosa mi dà, e di molto, sui nervi. Purtroppo nella massa è fisiologico cedere un po' il fianco; credetemi, bisogna essere bravi e scremare anche quei momenti di debolezza. Poi ti si ripercuotono su tutto ciò che invece è stato fatto ad arte.
Sono un po' criptico forse, scusatemi, è un piccolo sfogo, che verrà ripreso.
Insomma che avere a che fare con la clientela porta a momenti senz'altro piacevoli, a seconda di chi sia l'interlocutore ovviamente, a momenti di nervosismo, a pulciose situazioni psicologiche nelle trattative economiche, che portano in taluni più spinosi casi a sudori acidi, fino a veri e propri momenti di tormento, nel caso dei pagamenti ritardati.
Domattina dunque suonerà la sveglia e io mi dirigerò in ufficio, nella routine che per quanto si cerchi di sfuggire irretisce la maggior parte delle persone. Ogni giorno è a se stante, è vero, ma fa parte di un recinto ben delineato. Questa è la mia vita lavorativa, che non amo ma che al contempo non disprezzo. Non leggete però tedio in me, o noia, o afflizione piuttosto che accettazione d'una realtà indissolubile. No, vivo felicemente, con qualche grillo per la testa.. che mi piacerebbe veder saltare qui e là su blogspot. Le idee in questi giorni si accalcano in me come clienti al banco del supermercato; tutte stanno prendendo il numerino, poi starà a me farle uscire ordinatamente una ad una.
Per oggi sento di aver finito la benzina.
Hasta la proxima.